Luoghi simbolo di Siracusa romana
Itinerario tra reale e virtuale
Siracusa romana
La città al tempo dei Romani
Per questa rischiosa impresa, Marcello scelse mille uomini: con uno stratagemma era riuscito a individuare alcuni punti deboli delle mura e degli appigli per potersi arrampicare. Attese che i suoi soldati fossero riposati e pronti e che quelli siracusani, al contrario, cedessero al vino e incautamente si addormentassero.
Siracusa cadde definitivamente nella primavera del 211 a. C.
Dichiarata alleata dei Romani e capitale del territorio siracusano, ebbe facoltà di legiferare e un’autonomia subordinata alla superiore legislazione romana.
Nel 22/21 a. C., l’imperatore romano Augusto vi dedusse una colonia per ripopolare e dare nuova linfa alla città; ordinò, inoltre, il restauro di mura, edifici e templi abbandonati che rischiavano di crollare.
Iniziò un processo di commistione della popolazione che implicò la convivenza degli indigeni con i nuovi coloni latini; si cominciarono a parlare due lingue, conservando l’uso del greco anche per i documenti ufficiali, alle vecchie istituzioni doriche si affiancarono quelle latine, si modificarono gli usi e i costumi; i coloni ottennero le terre da coltivare, le case, i templi e potevano esercitare il governo della città; a Siracusa le vecchie magistrature furono sostituite dai duumviri, eletti ogni anno, corrispondenti ai consoli romani, insieme a questori, edili e censori. Il senato greco, antichissimo, fu sostituito da un collegio di decurioni scelti tra i coloni più importanti e che erano i rappresentanti, nella provincia, dei senatori romani.
Come di tutti i periodi storici, dell’impronta che i Romani diedero alla città rimangono tracce visibili e non.
Monumento romano per eccellenza è l’anfiteatro, ancora oggi custodito all’interno del grande Parco della Neapolis. Ma, nel corso degli anni, soprattutto nel secolo scorso, il fervore degli scavi archeologici ha permesso di mettere in luce resti di strade, mura, pavimenti riccamente decorati, edifici termali, le cui tracce restano solo nella dettagliata letteratura scientifica.
Tra reale, ancora visibile, e virtuale, non più visibile, proviamo a immaginare un curioso itinerario tra i luoghi simbolo della Siracusa romana.
Siracusa romana: quali tracce rimangono ancora oggi?
Ortigia: il palazzo del pretorio e la residenza estiva di Verre
Un’antica epigrafe di età imperiale, rinvenuta durante i numerosi scavi archeologici di Ortigia, allude ai restauri del “palazzo del pretorio”, sede dei governatori romani.
Secondo Cicerone, questo palazzo altro non era che l’antica reggia del sovrano ellenistico Ierone II. Nulla è più visibile oggi e anche l’ubicazione esatta è incerta: il rinvenimento di un vasto complesso edilizio, costituito da una serie di ambienti a pianta quadrata collegati tra di loro e simmetrici rispetto ad altre strutture murarie nelle vicinanze, riccamente decorato, con un meraviglioso pavimento a mosaico, ha fatto ipotizzare che l’antica reggia, poi palazzo del pretorio, si trovasse nell’attuale Corso Matteotti, elegante via del centro storico di Ortigia.
Grazie a Cicerone, sappiamo che Ortigia doveva essere un luogo magico per Verre, famigerato governatore romano (propretore in Sicilia dal 73 al 71 a.C.), processato poi per concussione. Al punto da scegliere l’isolotto come sua residenza estiva, un vero e proprio stabilimento balneare con padiglioni e tende di lino finissimo.
Se la collocazione nel litorale ovest dell’isola, verso la punta dell’isola dove oggi sorge il Castello Maniace, è poco probabile, per via del tratto costiero roccioso e scosceso, dell’esposizione al vento e alle correnti (inadatto alle tende di lino finissime descritte da Cicerone), sarebbe più facile immaginare la collocazione dei padiglioni di Verre in quello che oggi è il Porto Piccolo di Ortigia: qui, diceva Cicerone, vi era un’amoena spiaggia, assolutamente riparata alla vista (il governatore doveva, evidentemente, tenere alla riservatezza propria e del proprio entourage), ma, allo stesso tempo, facilmente raggiungibile via mare e via terra e più vicino al palazzo del pretorio rispetto alla zona del Castello Maniace.
Sembra, inoltre, dai racconti di Cicerone che il mai soddisfatto pretore avesse fatto installare a Siracusa un’officina per la produzione di argenteria e di altre opere realizzate con metallo decorato, candelabri e incensieri, dove aveva impiegato numeroso personale.
Il Foro romano
C’è un luogo a Siracusa che, non a caso, si chiama ancora oggi foro siracusano.
Appena fuori da Ortigia, tra l’elegante Corso Umberto e la stretta e veloce via Malta.
Pare che un tempo fosse l’agorà, la piazza pubblica dell’antica polis greca.
I Romani ne mantennero le funzioni e l’adattorono ai loro usi.
Doveva essere un luogo di grande fascino: lo storico romano Livio dice che vi sorgeva un tempio di Giove Olimpio, ornato con i doni del senato romano – spoglie dei Galli e degli Illiri attaccate su molte piramidi come trofei – al sovrano siracusano Ierone II in visita a Roma. Vi era, forse, anche un tempio dedicato a Venere, attestato da un’epigrafe rinvenuta non lontano dalla piazza e datata al II sec. a. C.
Vi erano anche un’Ara della Concordia, secondo Livio, un’amplissima curia, secondo Cicerone, con vestibolo e sedili o gradinate, e un ornatissimum pritaneum, luogo dove esercitava le sue funzioni il magistrato locale.
Stavano accesi perpetui fuochi e Cicerone vi colloca la statua di Saffo, ricordando che, in passato, in questo luogo era stata ordinata la legge del petalismo per combattere la prepotenza dei tiranni, istituita dopo la cacciata di Trasibulo. Nei pressi della curia e del pritaneo, vi era un arco eretto in onore del governatore Verre. Gli scavi condotti nell’area del foro dall’archeologo Paolo Orsi, hanno portato alla luce quattro frammenti marmorei, appartenenti a un edificio romano, una base di colonne grandiose di stile ionico in marmo, un enorme capitello e pezzi di peristilio (quattro), forse appartenente ai sontuosi portici di cui parla Cicerone.
Nell’ampia piazza sono ancora visibili tratti dell’antica pavimentazione stradale realizzata a grandi basole di calcare bianco. Cicerone descrive con tono ammirato la bellezza e la ricchezza di monumenti della piazza, i bellissimi portici, la sede del principale magistrato cittadino (il pritaneo), il bouleuterion per le pubbliche assemblee. Gli scavi hanno restituito statue marmoree di età romana, elementi di decorazione architettonica monumentale e numerose colonne, di cui alcune (almeno tre) sono attualmente visibili in loco e costituiscono il segno evidente della sontuosità e ricchezza architettonica dell’intera area.
edifici e terme private in piazza della vittoria
All’ombra dell’imponente santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa, si apre una meravigliosa area archeologica recintata, nella quale sono visibili resti di strade, murature ed edifici sacri di epoche diverse.
Nel punto in cui Corso Timoleonte si apre su Piazza della Vittoria, furono rinvenuti resti di murature attribuibili al II – I sec. a. C.: un complesso di abitazioni con due nuclei distinti l’uno dall’altro, il primo dei quali è sito allo sbocco della via, posto trasversalmente ad essa, più spostato verso nord ed è ritenuto essere il più antico.
È composto da tre ambienti contigui: una stanza quadrata con pavimento in opus signinum, datato al I sec. a. C., al di sotto del quale ne è stato rinvenuto un altro in cocciopesto, datato al II sec. a. C; la stanza attigua ha un pavimento in opus signinum, al di sotto del quale si è scoperta un’altra pavimentazione più antica in cocciopesto, allo stesso livello di quella della stanza precedente e con la stessa cronologia.
A questi tre ambienti se ne aggiunge un altro, a sud, abbastanza vasto, ritenuto una piccola terma: sono, infatti, stati ritrovati resti di suspensurae a livelli più bassi. Il pavimento di questo presunto bagno si appoggiava all’impianto di suspensurae con aperture ad arco che erano destinate alla circolazione del calore prodotto dai praefurnia, posti probabilmente nello stretto passaggio di cui abbiamo precedentemente parlato. Del terzo ambiente ignoriamo l’estensione totale, in quanto non sono state trovate tracce ad est che ne determinino l’estremo limite.
L’arco di Augusto all’ingresso dell’anfiteatro romano
Sul fianco orientale dell’ara di Ierone, nel declivio meridionale del colle Temenite, sfruttando il pendio naturale del terreno e la cavità di una preesistente latomia che può considerarsi un’appendice meridionale della latomia del Paradiso, sorge il grande anfiteatro romano di Siracusa.
È la testimonianza più evidente della presenza dei Romani a Siracusa, oggi perfettamente visibile al culmine di una suggestiva passeggiata nel verde all’interno della grande area archeologica della Neapolis.
L’anfiteatro romano di Siracusa, terzo in Italia dopo il Colosseo e l’arena di Verona, presenta la caratteristica forma ellittica che si adatta all’affossamento artificiale della latomia e che garantisce solidità a tutto l’impianto.
L’ingresso fu monumentalizzato in età augustea con l’innalzamento di un grande arco, di cui oggi è visibile un pilone a pianta rettangolare allungata, con le due fronti lunghe e la fronte breve rivolta a occidente.