Cosa fare e vedere a Siracusa
Il vino racconta

Arte e cultura, storia e archeologia. 

Tra antico e moderno, Siracusa vive immersa nei suoi 2750 anni di storia. In ogni angolo, in ogni scorcio, tra un vicolo e una piazza, i suoi monumenti, edifici e antiche murature sono la viva testimonianza di un glorioso e multiforme passato.

Cosa fare e vedere a Siracusa
quando il vino è racconto del territorio

Siracusa è talmente intrisa di mito e storia che anche l’enogastronomia locale affonda le sue radici in una lontana antichità: sai, per esempio, che è la patria del vino più antico d’Italia e che, ancora oggi, se ti fermi in città, puoi degustarlo in alcune cantine dei dintorni?


Facciamo un passo indietro. Un “piccolo” salto di qualche millennio.


Perdiamoci, anzi, nel tempo indefinito dei racconti mitologici, quando dei ed eroi intrecciavano le loro vite con i mortali, tra la terra e l’Olimpo.
La prima vite – si dice – nacque sulle pendici dell’Etna, sotto i piedi del danzante Dioniso.


Ma il primo vino, un nettare dolce come il miele e intensamente aromatico, nacque a Siracusa e si chiamava vino “Pollio”.


Abbiamo preparato per te una passeggiata speciale, con una guida d’eccezione e tante storie da raccontare: il vino.
Ne gradisci un assaggio?

Il vino più antico d’Italia
Il Moscato di Siracusa

La Sicilia è una delle regioni vinicole più produttive d’Italia.


Il contesto regionale è ricco, assortito e variegato: la zona del trapanese, nella parte occidentale, con il suo susseguirsi quasi ininterrotto di vigneti; il comprensorio dell’Etna, in cui il grande vulcano Etna domina il paesaggio; l’area del siracusano con l’altopiano degli Iblei, all’estremità sud della Sicilia orientale, in cui terreni calcarenitici e antichissime rocce vulcaniche rendono questo territorio un unicum rispetto al resto dell’isola.


Siracusa fu fondata dai Corinzi nell’VIII sec. a. C., il periodo delle grandi migrazioni verso il Mediterraneo occidentale. I coloni che preparavano le navi alla partenza vi imbarcarono anche particolari varietà di vite che portarono nel loro viaggio per mare fino alle coste orientali dell’isola.


Qui la vite cresceva spontanea e selvatica e pare che già Micenei e Siculi avessero tentato di addomesticarla con rudimentali tecniche di allevamento. I Greci aggiunsero le loro conoscenze ed esperienze, canonizzarono le tecniche di coltivazione della vite e di vinificazione, che da Siracusa diffusero in tutta la Sicilia e nel resto d’Italia, e la città divenne presto il fulcro di una florida produzione e commercio di vini.


Uno di questi era il Pollio, la cui produzione si deve al misterioso e leggendario re argivo di nome Pollis che, in età arcaica, governò Siracusa e diede il nome al vino. Anche il tiranno di Siracusa Dionigi il Vecchio ne era un grande estimatore, al punto da destinare un’intera vigna alla produzione di questo prelibatezza esclusivamente per la sua corte.


Un vino antichissimo, dunque, considerato il diretto antenato del Moscato di Siracusa, vino tipico siciliano che si produce a Siracusa e che si ottiene da uve di Moscato bianco, vitigno nobile e tra i più importanti d’Italia, capostipite della famiglia dei Moscati: ecco perché il Moscato di Siracusa è considerato il vino più antico d’Italia.


Il vero artefice di questa rivelazione fu uno studioso e archeologo siciliano: Saverio Landolina Nava.


Nonostante fosse astemio, decantava le lodi dei vini siciliani che, con regolarità, consigliava ai suoi amici.
Tale era la sua passione che dedicò un intero libretto, sotto forma di epistola, al vino Pollio, per dimostrare che le tecniche con cui si vinificava anticamente erano simili, affini a quelle con cui si vinificava il Moscato ai suoi tempi. Una tesi che dimostrò con un’attenta e scrupolosa disamina delle fonti – Omero ed Esiodo furono i suoi punti di partenza – e delle testimonianze che era riuscito a mettere a sistema, giungendo alla conclusione che il mitico vino Pollio altri non era che il Moscato di Siracusa in veste moderna.


Se ti trovi in città nel periodo della vendemmia del Moscato (agosto) e visita una cantina della zona che produce questo vino, potrai vedere l’uva raccolta che appassisce al sole su graticci di canne, una distesa dorata e profumata che si nutre dei raggi del sole prima di passare in cantina per la produzione del mosto. Una pratica questa, ereditata dal passato. Una tradizione che continua oggi.

Il principe della viticoltura siciliana Il nero d'avola

La zona di Siracusa, Avola, Pachino e Noto riserva un’altra grande sorpresa da bere.


Dobbiamo spostarci solo di pochi chilometri, lungo la costa ionica, dove il borgo marinaro di Avola è l’epicentro produttivo di un altro importante vino tipico siciliano.
Dalla seducente dolcezza del Moscato di Siracusa ci accostiamo a un deciso e corposo vino rosso: il Nero d’Avola, “principe della viticoltura siciliana”.


Un vitigno conosciuto un tempo come “calabrese”, che di calabrese ha ben poco.
Il termine, infatti, è un tentativo di italianizzare il termine calaulisi che, in dialetto siciliano, significa “uva di Avola”.


Mentre ne osservi l’intenso colore rosso rubino e ne percepisci i profumi di ciliegia, di mora, di frutti rossi, perfino una vaga fragranza del legno delle botti in cui invecchia per mesi, ti stupirà sapere che, in passato, era usato esclusivamente come vino da taglio per i grandi rossi francesi e che solo alla fine dello scorso secolo ha ottenuto il posto che gli spetta tra le produzioni vinicole italiane e siciliane.


Il Nero d’Avola vale una visita alla bottaia e un assaggio nelle tante cantine del siracusano che lo producono.

Il misterioso e leggendario albanello di Siracusa

Nella terra dei miti non poteva mancare un vino “leggendario”: l’Albanello è un vitigno dalle origini misteriose che, per un certo periodo di tempo, è scomparso ed è stato recuperato da un coraggioso produttore.

 

Oggi solo una cantina siracusana, in tutta la Sicilia, produce un vino bianco Albanello in purezza.

 

Le fonti antiche ne parlano come di un vitigno “aristocratico”.
L’Albanello “nacque sul fiorire dell’alba, per rallegrare la partenza di un crociato, poiché i familiari non potevano brindare perché privi di vino”: così riporta un vecchio articolo del Corriere Vinicolo, datato 1958.

 

Nel ‘700 i vini Albanello avevano fama di essere preziosi, ricercati, costosi, introvabili.
Una bottiglia poteva arrivare a costare quanto un signorile Barolo molto pregiato.

 

Mario Soldati, scrittore e regista, scopri Albanello e Moscato quando passò da Siracusa nel suo viaggio attraverso l’Italia, documentato nel libro “Vino al vino”: ne rimase colpito, affascinato, incuriosito.

Si ringraziano le Cantine Gulino di Siracusa per il materiale sugli antichi vitigni siracusani gentilmente fornito.